WORKS, THE EIGHTIES
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E il colore è sempre un canto che pare ogni volta riaccendersi, rinvigorirsi agli sguardi sempre limpido, parendo rivelare ogni volta nuovi accordi, contrappunti, segrete melodie di luci: colori mai discreti, orchestrati tra arsi e tesi, in un dinamismo di creazione, espandendosi dilatandosi nelle vene radianti di un organismo perennemente vitale.
Ogni opera pare vivere di un’autogenesi continua: l’autore, con un gesto in parte ignaro di conseguenze, ha foggiato il nucleo iniziale di una genesi che qui, pur costretta in limiti ancora angusti si vivifica, si autonomizza, generando sviluppi inattesi, determinando il proprio essere futuro in un divenire creativo da cui l’autore gradualmente è eluso accantonato infine spettatore soltanto del progressivo addensarsi dei grumi di tinte, del loro fluire diramandosi indefinitamente, ribollendo tramando la tela di orbite cave di solchi fessure.
Paradigmi queste tele, in cui pare tradursi la storia di una storia percorsa dai secoli: brevi spazi qui la compendiano, riscrivendo la perenne energia creativa dell’universo.
Francesca Sommero 1985
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A prima vista i dripping di Marco Tronci vivono del colore. Colore che ogni volta è condensato nel centro, nel nucleo dei dipinti, come una massa di catrame, colore che ha perso la sua qualità originale. I dipinti spesso monocromatici vengono strutturati da raggi fini, sottili, spezzati in loro stessi e che formano fessure e si diramano dal centro, animato da forze in esso latenti, tesi fino all’estremo bordo della tela.
Il nucleo, la nera massa centrale, si vivifica, diventa un germe, una cellula, pulsa organicamente “come un cuore”. L’artista sa rendere efficaci queste tensioni in modo controllato, addomesticando con maestria le energie scatenate: tutto questo con leggerezza quasi giocata, con preziosa eleganza ed un ricercato senso estetico.
Affascinante il suo nuovissimo sviluppo: distrutto coscientemente il suo principio delle “linee di forza” orientate verso il nucleo centrale, nasce una ferita lacerata, sanguinante, che ci colpisce aggressivamente. Non più ordine, regola ma una tensione verso nuovi spazi per la materia.
Hans Michael Herzog 1985
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